Era il 26 Gennaio 2020…
Partendo dal centro di Cremona si percorre tutta la pista ciclabile lungo la Via Milano fino al paese di Cavatigozzi, da li, lungo l’argine che costeggia il fiume Po e poi sul fiume Adda raggiungiamo Crotta d’Adda.

Crotta d’Adda (Cròta in dialetto cremonese) è un comune italiano di 650 abitanti della provincia di Cremona, in Lombardia. Il nome del luogo Crotta deriva da un ramo della nobile ed antica famiglia Crotta o Crotti di stirpe longobarda, che nell’Alto Medioevo, da Bergamo si stabilì in questo luogo. I Crotti erano nobili arimanni Longobardi, cioè guerrieri Longobardi a cavallo, che all’epoca dell’invasione longobarda nel 568 d.C. si stabilirono a Bergamo, dopodiché s’insediarono anche in altre zone della Lombardia. Fra i membri della casata Crotti si annoverano: il re longobardo Rotari, suo figlio il re Rodoaldo, i duchi di Bergamo, compreso Rotari l’ultimo duca longobardo di Bergamo.

Ci lasciamo il paese alle spalle e sempre seguendo l’argine asfaltato del fiume Adda proseguiamo in direzione Pizzighettone. Seguendo la ciclabile si raggiunge il ponte che permette di attraversare il fiume, purtroppo il ponte ciclo-pedonale in seguito ad una grossa piena del fiume è stato abbattuto pertanto è necessario sfruttare l’unico rimasto, stando attenti al traffico. Una volta attraversato il ponte sulla destra troviamo la trattoria di un amico ciclista, La Trattoria del Guado, un locale a gestione famigliare impregnato di storia. I suoi locali hanno un sacco di storia alle spalle che meritano un articolo a parte.

Dopo una breve sosta per il caffè ci inoltriamo lungo le ciclabili del parco Adda, un parco ricco di sentieri, strade bianche o asfaltate poco battute e trafficate.

Seguendo la traccia GPS, lungo sentieri talvolta non segnalati e piste ciclabili raggiungiamo Castelgerundo.

Castelgerundo è la fusione dei comuni di Camairago e Cavacurta, già sperimentata ai tempi di Napoleone, venne nuovamente avviato nel 2016.
A Camairago si può ancora ammirare il Castello Borromeo, edificato sul limitare settentrionale del borgo di Camairago, il Castello Borromeo che risale al XV secolo ha un impianto a corte rettangolare, con due torri angolari allineate alla possente torre centrale del rivellino, posta in corrispondenza dell’ingresso del fortilizio. Questa, collocata al centro del prospetto principale, svetta per imponenza e dimensioni e conserva, quasi inalterati nel tempo, il suo sistema difensivo basato sulla presenza di merlature sommitali e un sistema tradizionale di travi contrappesate per il sollevamento del ponte levatoio del quale sono ancora ben visibili le feritoie e gli alloggiamenti dei bolzoni. Integro è anche il duplice sistema d’ingresso, basato sulla presenza di un ampio fornice a tutto sesto per il passaggio delle merci e degli uomini a cavallo, e del più stretto ingresso pedonale, posto a destra del primo, al quale originariamente si accedeva attraverso una passerella mobile. Al centro del varco si staglia ben visibile lo stemma araldico della famiglia Borromeo al quale il castello ancora oggi appartiene; sono immediatamente percepibili gli elementi che la collegano alla casata degli Sforza, del quale è raffigurato il biscione in alto a sinistra; il dromedario ‘prostrato’, simbolo introdotto nello stemma da Vitaliano I Borromeo che rappresenta la pazienza e la devozione; il Liocorno che si rivolge contro il biscione visconteo, anch’esso legato alla figura di Vitaliano I, che rappresenta il valore della casata in battaglia; il morso dei cavalli, ad indicare la capacità di trattenere all’occorrenza l’irruenza e l’impetuosità della forza; i tre anelli legati insieme, che indicano la stabilità delle unioni familiari. Nella corte, con lacerti dell’originaria decorazione, rimane nel prospetto settentrionale il portico ritmato da archi a sesto acuto; all’interno, nella sala degli stemmi, ritorna fittamente ripetuto il termine Humilitas, segno ancora una volta del dominio antico della casata dei Borromeo.

Castello Borromeo

Sorto nel Quattrocento, il Castello di Camairago è legato alla figura di Vitaliano I Borromeo che in molte occasioni si distinse per coraggio e forza al fianco di Filippo Maria Visconti. Questi nel 1339 gli assegnò la città di Arona, nominandolo conte della città sei anni dopo, e nel 1340 gli donò il feudo lodigiano come ricompensa per l’aiuto offertogli. Nell’atto di donazione Filippo Maria Visconti consentiva di fortificare ulteriormente il borgo, che possedeva già un castello del XII secolo e che venne distrutto dai milanesi nel 1158 nella guerra intrapresa contro la città di Lodi. Il nuovo signore di Camairago, sebbene prediligesse altre fortezze e possedimenti borromaici, cominciò immediatamente l’edificazione di un nuovo sistema difensivo che esibisse il prestigio raggiunto e gli consentisse, eventualmente, di appoggiare i signori di Milano in una nuova impresa bellica contro Lodi. Anche se da questo castello non partì mai un attacco alla città, protetta un tempo da Federico Barbarossa, il maniero fu protagonista degli scontri del 1547 tra Francesco Sforza e i veneziani. Dopo un periodo di relativa pace e prosperità all’inizio del XVI secolo il feudo di Camairago, subì alcuni danneggiamenti in occasione dell’arrivo delle truppe francesi. Analoga sorte toccò al castello col passaggio dei lanzichenecchi nel 1629. Piccole trasformazioni e adeguamenti si susseguirono nel decenni successivi, sino a quando nuovi lavori si resero necessari alla metà del XIX secolo, quando il castello fu occupato dalle truppe del maresciallo Radetzky, che qui stanziò il suo quartier generale. Oggi, a distanza di quasi 700 anni dalla sua edificazione, benché la struttura abbia subito solo alcune menomazioni e parziali abbattimenti, il Castello di Camairago ha perso il suo carattere di insediamento militare e da tempo è sede di una significativa realtà agricola.

Uscendo dal paese lungo la ciclabile in direzione Castiglione d’Adda, possiamo poi, attraversando il paese, proseguire sempre lungo la pista ciclabile raggiungere Montodine, sull’altra sponda del Fiume Adda e da li possiamo scendere sui sentieri che costeggiano il Fiume Serio.

Costeggiando il fiume tra sentieri e strade a bassa percorrenza ci lasciamo alle spalle il paese di Ripalta Arpina e Ripalta Vecchia. Lasciandoci alle spalle il fiume in direzione Madignano incontriamo il bellissimo Santuario della Beata Vergine del Marzale.

Dopo una piccola pausa par ammirare il meraviglioso santuario e ristorarsi un po’, si riparte, in direzione Izano.
Giunti a Izano seguendo la traccia, sbuchiamo proprio davanti al Santuario della Beata Vergine della Pallavicina

Il santuario della Beata Vergine della Pallavicina (in dialetto cremasco: santüare dala Palvizina) è un luogo di culto mariano situato a Izano, sorge lungo la strada provinciale che collega Crema a Salvirola attraversando l’abitato di Izano. Un viale alberato collega il luogo di culto alle prime abitazioni storiche del paese, la sua specificazione deriva dalla roggia Pallavicina che le scorre nei pressi. Non sono noti documenti storici che attestano l’origine dell’apparizione, per cui si fa riferimento alla tradizione secondo la quale il giorno 13 maggio di un anno imprecisato la Vergine sarebbe apparsa in questo luogo ad una ragazzina raccolta in preghiera. La Vergine avrebbe chiesto alla fanciulla di erigere una chiesa in suo onore comunicandone il desiderio al prete del paese. A seguito dello scetticismo del religioso, la Vergine riapparve il giorno 14 consegnando alla giovinetta un ramoscello che sarebbe fiorito una volta nelle mani del sacerdote. Si parla di una chiesa edificata sul luogo della primitiva costruzione a partire dal 1578, in occasione di una visita pastorale. A quel tempo la sua struttura doveva essere ormai organizzata secondo le linee che sono tutt’oggi visibili, un piccolo santuario ad una sola navata, terminante in una profonda abside completamente decorata con affreschi di scuola cremonese. I secoli successivi videro un progressivo arricchimento architettonico e decorativo, che ricoprì l’interno di una veste barocca. La chiesa attuale risale al XVI secolo, ma è evidente sia da tracce pittoriche sia da documenti che l’attuale edificio è stato preceduto da un’altra costruzione, quasi certamente di dimensioni più piccole, ma con lo stesso orientamento dell’attuale; come già citato, nell’abside è presente un affresco votivo datato 1444 e raffigura la Beata Vergine col Bambino. Nel 1691 veniva eretta la cappella dedicata a San Carlo Borromeo e veniva avviata la costruzione della cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova. Nel 1749 fu collocato l’organo opera dei Serassi di Bergamo. Lavori rilevanti furono realizzati nel 1910 ad opera del parroco Luigi Barbieri: forse per ovviare all’anomalia della collocazione dell’altare il sacerdote fece costruire sul lato opposto una seconda facciata progettata dall’ingegner Celli. Inoltre, per dare maggior equilibrio compositivo alla pianta dell’edificio, don Barbieri fece realizzare lungo la parete meridionale le cappelle di San Giuseppe e Sant’Agnese. Il 25 agosto 1919 si provvide all’incoronazione dell’immagine venerata al santuario alla presenza del cardinale di Milano, l’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari.

Attraversiamo il centro abitato di Izano alla ricerca della ciclabile del canale Vacchelli che ci accompagnerà fino a Genivolta, alle Tombe Morte.

Da Genivolta, lungo il canale Civico attraversiamo Casalbuttano ed Uniti, il Boschetto e poi Cremona per la conclusione del nostro giro.

Da QUI potete scaricare la traccia GPS.

NOTE SUL PERCORSO: il giro completo è di circa 110 km in base al punto di partenza, 50% asfaltato, 50% gravel.
Si consiglia di partire dalla stazione dei treni di Cremona per chi viene da fuori città tramite mezzi pubblici o da zone limitrofe. Volendo anche dal grosso parcheggio di Piazza Zelioli Lanzini Ennio, 1 (sconsigliato ne periodi di Fiera).

BICI UTILIZZATE: Una MTB da viaggio Lacremò con gomme 29×2,5 pollici scorrevoli ed una gravel Breezer con coperture 700×42, entrambe in acciaio. Borse da bikepacking Kicking Doneky per lo stretto necessario per gli interventi meccanici, cibo e macchina fotografica.